Questa è la storia di un imperatore e del suo regno, fatto di gloria e di esaltazione, ma al contempo di smarrimento e profonda solitudine...
Abbiamo aperto la rubrica come fosse un racconto di un grande condottiero, celebrato per la sua forza e per la sua capacità, idolatrato mentre svela la sua grandezza al cospetto di coloro ai quali la natura non ha donato tali capacità. Come spesso accade nella realtà, dietro un eroe che conduce una vita ai limiti del sogno, si nasconde un uomo schiavo dei suoi complessi, delle sue insicurezza e di un' infazia che l'ha visto vivere in situazioni difficili, nelle quali il confine tra bene e male si mescola pericolosamente. “L'insostenibile leggerezza dell'essere”, riprende l'omonimo romanzo di Milan Kundera (Adelphi, 1985) ma il soggetto di questa storia non è il Tomas o Franz, due dei quattro protagonisti del libro, ma Adriano Leite Riberiro, attaccante brasiliano che è stato Imperatore in campo e presto si è rivelato schiavo della bottiglia. Un uomo che vive senza possibilità di prova, né ripensamento, non riuscendo a sostenere una vita il cui peso lo opprime.
Adriano nasce a Rio de Janeiro il 17 febbraio 1982 e trascorre gran parte della sua infanzia a Vila Cruzeiro, favela di Rio, tra minorenni che si prostituiscono a cielo aperto, esecuzioni pubbliche e un giro di droga degno dei migliori cartelli colombiani. Inizia a muovere i primi passi nella squadretta del luogo fondata dal padre Adelmir, l' Hang Football Clube, senza per forza risultare il più bravo degli altri. Nel 1992 il padre rimane coinvolto in una sparatoria tra poliziotti e narcotrafficanti e si becca un colpo nella testa. L'uomo si salverà ma continuerà a vivere con una pallottola infilata nel cranio, impossibile da asportare chirurgicamente, combattendo per anni le forti emicranie con l'alcol. Il giovane Adriano rimane traumatizzato dell'accaduto, anche perché il padre è stato da sempre il suo modello e la sua guida, colui che l'ha protetto dal dolore della favela e che l'ha introdotto alle amicizie locali. Nel 1998 entra nel settore giovanile del Flamengo e dimostra di aver un discreto talento con i piedi, supportati da un fisico e da una potenza fuori dal comune. Con i Rubro-Negro conquista diverse convocazioni nelle selezioni giovanili, attirando su di sé le attenzioni dei club europei, e debutta nella massima serie brasiliana nella stagione 2000/2001 nella quale segna 7 reti in 19 presenze. Il talento dell'attaccante è sotto gli occhi di tutti ma non riscuote comunque grandissimo successo tanto che l'Inter se lo aggiudica, insieme ad un altro giovane, in un proficuo scambio con la meteora nerazzurra Vampeta.
L'avventura nerazzurra comincia nell'estate 2001, tra la curiosità generale, in quella fatidica amichevole estiva del Trofeo Bernabéu contro il Real Madrid.Entra nel secondo tempo e dopo due guizzi interessanti decide il match con una punizione a dieci minuti dal termine. La potenza del tiro è strabiliante e il giorno dopo i giornali titolano la nascita di una stella. Il ragazzo è comunque molto giovane, a 19 anni da poco compiuti non è facile imporsi nel campionato italiano.
Nel gennaio 2002 passa in prestito alla Fiorentina, ottimo girone di ritorno con 6 reti in 15 partite, e al termine della stagione viene ceduto frettolosamente al Parma in comproprietà. In Emilia inizia ad esprimere tutto il suo talento trascinando i gialloblu con 23 reti in 37 presenze in un anno e mezzo con la casacca gialloblu, fino al suo ritorno a Milano nel gennaio 2004. A Parma comincia però a rivelare qualche piccolo problema di comportamento e le frasi di Arrigo Sacchi nel 2003 (al tempo direttore sportivo dei ducali) risulteranno alquanto profetiche: “Adriano è un grande giocatore, quando vuole, il problema è che tira terribilmente male, da qualche mese”.
Il 3 agosto 2004, la morte di Aldemir Leite Ribeiro (dopo un malore improvviso nella sua casa a Rio), è l'inizio della parabola discendente di Adriano. L'Inter gli fa sentire tutto il suo affetto.Mancini e compagni lo aiutano e lo incoraggiano e il ragazzo sembra reagire alla grande sul campo. Adriano è un vero e proprio ariete d'attacco in quegli anni: un metro e ottantanove centimetri per ottantacinque chili di muscoli che scardinano le difese avversarie al minimo contatto, conditi da un mancino che spara proiettili nelle reti dei malcapitati portieri. Il successo, i soldi e la fama circondano il numero 10 della squadra di Moratti che in prima persona lo accudisce e rifiuta offerte faraoniche (si parlava di 80 milioni pronti dal Chelsea). Siamo al cospetto di un talento potenzialmente tra i più forti del mondo. La pressione e la bella vita sono però delle disgrazie per giovani fragili ed immaturi come il bomber verdeoro. Adriano si sente solo, non riesce a vivere serenamente perché in lui persiste la mancanza di qualcosa tuttora ancora difficile da decifrare: una guida come lo era stata nel bene e nel male il padre, l'affetto di amicizie sincere, la protezione di coloro che l'hanno visto crescere, la sua terra. Non è ancora dato a sapere.L'imperatore inizia a rifugiare le sue frustrazioni nell'alcol, nelle pessime amicizie e negli eccessi di feste e scorribande milanesi. Lo staff dell'Inter prova a sostenerlo: chiude un occhio quando il calciatore si allena male ed ingrassa, ne chiude due quando invece si presenta ancora ubriaco agli allenamenti e a nulla vale il prestito semestrale al San Paolo in Brasile per rigenerarsi tra le mura amiche. Dopo l'ennesimo ritorno all'ombra della madonnina regala una stagione disastrosa, oltre il limite di un qualsiasi professionista sportivo, annessi pettegolezzi e festini fuori dal campo. Rescinde infine il contratto con i nerazzurri (aprile 2009) che gli augurano di ritrovare la felicità e la serenità come uomo.
Per mesi si paventa l'ipotesi di un ritiro dal calcio giocato ma Adriano decide di riprovarci e tornato a Rio, firma un ricco e complesso contratto con il Flamengo, articolato da una serie di obblighi ma anche zeppo di bizzarre concessioni.Per lui il club carioca cambia luogo d'allenamento, dislocato più vicino alla sua abitazione di Vila Cruzeiro e si allena solo al pomeriggio per permettere al figliol prodigo di dormire la mattina. Gli viene inoltre concesso di saltare allenamenti, cosa che puntualmente avviene senza giusta causa. Vive di rendita sia nel rapporto con i compagni che in quello con i tifosi che nonostante tutto acquistano a migliaia la sua maglietta e accettano prestazioni penose, avvalorate da una sua condizione fisica a dir poco approssimativa. Adriano è grasso e trascina faticosamente la sua mole di oltre cento chili, boccheggiando nei rari scatti che si concede sia in allenamento che in partita. Ai compagni di squadra viene imposto il silenzio ma è evidente che una parte non accetta la situazione e l'altra la cerca di ridimensionare il tutto per rispetto e forse anche un po' per pietà, anche perché Adriano è un ragazzo generoso che tende a farsi voler bene nel rapporto con i compagni.
Intanto iniziano a girare le voci che vogliono Adriano intrattenere rapporti con la malavita del luogo e in particolare con Eneas Maluco, uno che ha letteralmente fatto a pezzi un giornalista infiltrato nel suo giro a colpi di katana nel 2002. Iniziano a girare foto di sacchetti di droga con stampata l'immagine del giocatore, storie sui regali che l'ex attaccante nerazzurro avrebbe fatto a numerosi criminali del suo quartiere che lo proteggono con ferocia da qualsiasi curioso pronto a proferire illazioni circa la sua vita extracalcistica. Vila Cruzeiro è ormai diventata “off limits” per tutti coloro che vogliano indagare sulla condizione del luogo, con una polizia incapace di gestire la situazione a meno di tragici bagni di sangue e costretta ad accordi con la malavita che concede qualche retata per criminali di basso profilo del quartiere. Adriano vive qui, nella sua prigione dorata, protetto da una comunità nella quale molti amici d'infanzia coincidono con narcotrafficanti ed assassini. Vive come un ragazzo comune che gira tranquillo in ciabatte ma in realtà è colui che più di tutti ha fatto fortuna e rappresenta una vera e propria calamita. L'Imperatore organizza party indecenti, tra prostitute, orge leggendarie (nelle quali si sostiene abbiano partecipato animali e nani), alcol e droga. E' ancora un calciatore e in quanto campione sa ancora come essere decisivo, infatti nonostante gli eccessi segna e conduce il Flamengo al vittoria del Brailerao (19 reti in 32 presenze) ma il tutto non fa che legittimare un comportamento autodistruttivo fuori dal terreno di gioco.
La stagione successiva ricomincia la sua parentesi italiana. Firma un triennale con la Roma ma è il lontano parente del corazziere visto in maglia Inter, sia per condizione fisica che mentale. In Italia è un'altra cosa e non ci si può permettere . Dopo appena 5 presenze (zero reti), molteplici infortuni e il ritiro della patente (ubriaco al volante in Brasile), rescinde con il club allora presieduto dai Sensi e torna in patria firmando per il Corinthias il 28 marzo 2011.
Nelle fila del Timao sembra di assistere ad un film già visto. Dopo appena 23 giorni si rompe il tendine d'Achille del piede sinistro ma nel bel mezzo della convalescenza va a ballare e per giunta senza il tutore al piede. Continua in seguito a saltare allenamenti, suscitando le ire di staff e tifosi, stufi di una condotta non professionale. A salvarlo è ancora una volta il suo talento che gli permette di segnare il goal decisivo nel due a uno contro l'Atletico Mineiro che vale il primato in classifica e successivamente risulterà determinante per la vittoria del campionato 2011. Tutto questo però non basta perché Adriano è sempre meno partecipe del gioco e il suo lento ma costante declino rischia di avere ripercussioni tragiche a breve termine. La versione 2012 dell'ex Imperatore è quella di uomo alla deriva, preda delle sue debolezze, senza rapporti stabili e completamente incapace di gestirsi. L'ultimo episodio lo vede complice di un gioco con un'amica che lo accusa di averle sparato ad una mano. Poco importa che l'attaccante si sia dichiarato innocente, il punto cruciale è che un uomo di quasi 30 anni dovrebbe iniziare ad abbandonare un certo tipo di vita. Molte delle persone che gli volevano bene l'hanno lasciato al loro destino, esasperate dall'inconsistenza delle sue promesse, e ora ci chiediamo quale sarà il limite ultimo delle sue bravate. Per molti la risposta è una sola e coincide con la fine di tutto.
La bomba all'esordio in Inter - Real Madrid. La traversa sta ancora tremando (agosto 2001).
Il mitico goal all'Udinese in Inter - Udinese 3 a 1 (17 0ttobre 2004)
Che fine ingloriosa...
RispondiEliminaArticolo bellissimo. Da leggere nonostante ti lasci con un po' di tristezza. Complimenti a chi l'ha scritto di voi.
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