mercoledì 10 agosto 2011

The Best


"Ho speso un sacco di soldi per alcol,donne e macchine veloci. Tutti gli altri li ho sperperati."



Tutto comincia nell'Irlanda del Nord post Seconda Guerra Mondiale, in un Paese in ginocchio dove la gente che ha un piatto in tavola può considerarsi fortuna, nasce il 22 maggio 1946 in una piccola casa della periferia di Belfast George Best. Primo di sei figli vive tranquillamente la sua infanzia giocando nelle strade di Cregagh Estate, il suo quartiere, mentre i genitori lavoravano per poter assicurare un futuro alla famiglia. Da sempre il suo amico fidato, quello che gli teneva compagnia aspettando il ritorno a casa di mamma e papà, era il pallone, per strada, nel cortile, a scuola e anche in casa, ogni occasione era buona per giocarci. Anche quando compiuti undici anni si è trasferito alla Grosvenor High School, dove si giocava solo a rugby, il pallone è stato il suo migliore amico, ed anche "per amore suo" si è trasferito alla scuola che frequentavano i suoi amici dove il calcio era lo sport praticato. Inizia a giocare cosi nelle varie squadre scolastiche, spinto anche dalla passione di nonno George, da cui prende il nome, tifosissimo del Glentoran, nota squadra nord irlandese, che lo avvicina sempre di più alla pratica di questo gioco.
Intanto il piccolo George continua a giocare, spinto unicamente dalla sua passione, all'epoca infatti il calcio non era ancora visto come un mezzo per poter uscire da una condizione disagiata, era semplicemente uno sport in cui giravano soldi, ma neanche poi cosi tanti, e quindi si giocava fino a che non si trovava un lavoro sicuro. Ma George sogna guardando le prime competizioni europee alla televisione del suo vicino, giocate in notturna, rigorosamente in bianco e nero ma riempite di colori dalla sua fantasia. Conosce le squadre inglesi, spagnole, italiane, ma quando legge la storia del disastro di Monaco del 1958, dei Busby Babes la miglior squadra di calcio di tutta la Gran Bretagna che perì quasi interamente durante il ritorno da una trasferta in Jugoslavia si appassionò al Manchester United, a Matt Busby l'allenatore, al grandissimo portiere Harry Gregg nordirlandese come lui, al cannoniere Bobby Charlton e a quelli che perirono come Duncan Edwards la più grande promessa del calcio di sua maestà morto a 22 anni dopo due settimane di lotta, capì che se fosse diventato un calciatore avrebbe voluto giocare solo con la maglia rossa dello United.
Ma all'epoca il suo primo obbiettivo era vestire la maglia verde del Glentoran, la squadra di nonno George che purtroppo lo aveva lasciato e si impegna nelle varie selezioni regionali per farsi notare. Durante una di queste partite in cui lui quindicenne che giocava nel Cregagh Boy's Club impegnato contro i diciottenni del Boysland viene notato dopo una splendida performance da Bob Bishop, osservatore del Manchester United nell'Irlanda del Nord, che quasi per caso scopre quello che per lui è il più grande talento che avesse mai visto in carriera e senza perdere un attimo scrive un telegramma a Matt Busby: "Matt, credo di aver trovato un genio", dopo che il Glentoran lo aveva scartato asserendo fosse troppo piccolo e magro per poter giocare.
Due settimane dopo era su una nave diretta a Liverpool con Eric McMordie, un altro ragazzo invitato a un provino a Manchester che in seguito sarebbe stato suo compagno in Nazionale. L'arrivo in Inghilterra lascia senza parole, e spaventati, i due ragazzi che oltre a non aver mai lasciato l'Irlanda non si erano mai neanche mossi più di tanto da Belfast. Sul taxi preso alla stazione di Manchester cercano di darsi un tono indicando al tassita di portarli all'Old Trafford per poi sentirsi rispondere:"Quale Old Trafford?". Pochi sanno che c'è anche un meno famoso Old Trafford casa dell'cricket a Manchester. Alla fine i ragazzi riescono ad arrivare alla casa dello United, e dopo aver fatto un giro di presentazioni, conoscendo alcuni dei loro idoli vengono accompagnati ai loro alloggi. Nella notte però colti dalla paura e dalla lontananza da casa decidono di scappare per tornare a Belfast. La madre di George vedendolo rientrare dopo pochi giorni gli chiese cosa fosse successo e lui dopo averglielo raccontato capì di aver fatto una sciocchezza e stette malissimo per l'accaduto. Il destino volle che fu proprio Matt Busby a telefonare a casa Best per dirgli che le porte per lui erano sempre aperte. Un mese dopo era nuovamente in viaggio per l'Inghilterra sapendo che li era il suo futuro.

Il 14 settembre 1963, a soli diciassette anni, debutta nel Manchester United, dopo due stagioni nelle giovanili culminate con la conquista della FA Youth Cup. Gioca la sua prima partita contro il West Bromwich Albion ma deve aspettare alcune settimane per ripetersi. La sua seconda presenza lo vede in campo il 28 dicembre contro il Burnley. Lo United non sta vivendo uno dei suoi migliori periodi, è dietro in campionato e arriva da una sconfitta per 6-1 proprio ad opera del Burnley cosi Busby decide di attuare dei cambiamenti e concede spazio sull'ala destra a Best e all'alla sinistra a Willie Anderson, un altro membro delle giovanili. La partita finì 5-1 in favore dello United con George autore della sua prima rete da professionista. Conclude la sua prima stagione nel calcio che conta con l'autorevole bottino di 26 presenze e 6 gol oltre che la riconferma da titolare per la stagione successiva. Nella stagione 1964/1965 conquista il suo primo campionato con la maglia del Manchester giocando 59 partite e segnando 15 gol. A soli diciotto anni è il più grande talento sui campi d'Inghilterra. Intanto la fama di Best continua a crescere fino a raggiungere l'apice nella sfida di Coppa dei Campioni del 1966 contro il Benfica, quando proprio nello stadio lusitano opposti alla squadra del grande Eusebio fresco vincitore del premio come miglior giocatore europeo lo United guidato dal giovanissimo Best sconfigge i portoghesi, ancora imbattuti in casa, per 5-1, con i primi due gol segnati dal ragazzo di Belfast. I giornali di Lisbona il giorno dopo lo incoronano "El quinto Beatle", il quinto Beatles, soprannome dovuto ai capelli a caschetto tanto di moda in quel periodo, al bel viso magro e all'enorme talento mostrato. Purtroppo la stagione non si concluse con un trionfo in Europa, ma Best portò a casa la bellezza di 17 gol in 43 partite.
La stagione successiva lo United cercò fin da subito la conquista del campionato che gli sarebbe valsa un altro tentativo in Coppa dei Campioni, e guidata da Charlton, Dennis Law e un George Best autore di 10 gol la vittoria non tardò ad arrivare.
All'inizio della stagione 1967/1968 tutte le energie del Manchester erano rivolte all'Europa, da sempre ossesione di Matt Busby che tanto aveva dovuto lottare per poter far giocare quella competizione alla sua squadra, e sapeva che solo una vittoria avrebbe potuto in qualche modo esorcizzare il disastro del 58 di cui Busby si sentiva responsabile. Lo United gioca benissimo quell'anno battendo le più grandi squadre continentali guadagnando l'accesso alla finale contro il Benfica nello stadio di Wembley.


Il Manchester era la prima squadra inglese a giocare una finale nel più famoso stadio d'Inghilterra e in più avrebbero dovuto giocare senza l'infortunato Dennis Law. Il primo tempo si concluse sullo 0-0, con due difensori a marcare stretto Best. Ma lo United venne fuori nella ripresa e il primo gol lo segnò Bobby Charlton, uno dei sopravvissuti a Monaco, ma il Benfica, squadra ostica, era ben decisa a vendere cara la pelle e a dieci minuti dal termine ripostò il risultato in parità. Iniziarono cosi i tempi supplementari e poco bastò a Best per mettere la parola fine all'incontro. Al primo minuto Brian Kidd gli servì la palla, scartò in tunnel il mediano portoghese, mise a sedere il portiere e depositò la palla in rete con dolcezza. A quel punto la partita si concluse e lo United segnò altre due reti fissando il risultato sul definitivo 4-1. Finalmente la vittoria tanto attesa era arrivata e Best con 32 gol in 53 partite era il vero leader della squadra campione d'Europa, tutto questo a soli 22 anni.



Tutto ciò in molti casi sarebbe stato solo che l'inizio di una delle carriere più sfolgoranti di tutta la storia del calcio, eppure tutto andò diversamente, come se uno sciocco scrittore decidesse di sua iniziativa di rovinare una bella storia scrivendo un finale inadatto. I rapporti di Best con lo United si incrinarono quando Matt Busby decise di ritirarsi e la panchina non venne più affidata ad un allenatore adatto a guidare il Manchester, inoltre la fama lo opprimeva, iniziò a giocare d'azzardo e a passare molto tempo con le sue conquiste femminili, ma soprattutto conobbe l'unico avversario che non riuscì mai a dribblare in tutta la sua vita: l'alcol. Eppure George giocò altre sei stagioni a Manchester dopo la vittoria della Coppa dei Campioni. Nonostante non stesse affatto bene continuò per amore dei tifosi e della maglia, seppur alcune volte in condizioni impresentabili. Presenziò a un mucchio di riunioni disciplinari a Londra presso la FA per la sua condotta, venne multato più e più volte dallo United per le assenze dagli allenamenti, per le volte in cui si presentava ubriaco e litigava con l'allenatore di turno. Neanche Matt Busby, che era rimasto nella dirigenza, riuscì ad aiutarlo, cosi George a 27 anni dopo 470 presenze e 179 gol, due campionati, una Coppa dei Campioni e un Pallone d'Oro dichiarò che si sarebbe ritirato dal calcio giocato e non avrebbe più vestito la maglia del Manchester United.

Naturalmente la mancanza del pallone e delle emozioni con cui ha vissuto per anni iniziarono a mancargli e per due anni, sotto il permesso dello United ancora detentore del suo cartellino, giocò qualche partita con il Dunstable Town, lo Stockport County e il Cork Celtic con dei contratti a partita che gli fruttarono un po di soldi e che servivano alle società interessate a richiamare molto pubblico nelle loro partite casalinghe.

Nel 1976 si trasferì in America per giocare, vestendo per una stagione la maglia dei Los Angeles Aztecs. L'anno dopo tornò in Inghilterra con la casacca del Fulham, giocando accanto a grandi calciatori come Bobby Moore capitano dell'Inghilterra al Mondiale del '66, segnando 8 gol in 42 partite, con il problema dell'alcol che si aggrava sempre di più.
In seguito tornò negli States per stare vicino alla sua compagna, giocando per due anni nel Fort Lauderdale, con qualche interemezzo negli scozzesi dell'Hibernian quando la stagione in America era in pausa, per poi concludere l'esperienza americana nei San Josè Earthquakes. Nel 1981 divenne padre di Calum Milan Best, avuto dalla sua compagna Angie MacDonald, ma purtroppo neanche la paternità riuscì ad aiutarlo nei suoi problemi con l'alcol. Nonostante le diverse cure iniziate non riusciva ad abbandonare questo pericoloso vizio, e neanche la prematura scomparsa della madre nel 1978 dovuta proprio all'alcolismo lo allontanarono dalla bottiglia.
Concluse la sua carriera da calciatore nel Brisbane Lions dopo aver giocato qualche partita nel Bournemouth nel 1981.

Il problema con l'alcol peggiorava di anno in anno e ad unirsi a questo arrivarono dei guai finanziari legati alla presunta mancanza dei contributi durante il suo periodo di lavoro negli States, ed inoltre passò quattro mesi in carcere in seguito ad un incidente per guida in stato di ebbrezza. Cosi nel 1988 per riprendersi economicamente intraprese il lavoro di testimonial, partecipando a diverse convention in giro per il mondo insieme ad intrattenitori e showman raccontando del suo passato calcistico, raccogliendo un enorme seguito di pubblico ovunque andasse. Ma naturalmente queste convention dove molto, troppo, spesso il bar era omaggio peggioravano la sua situazione. All'inizio degli anni '90 venne assunto da Sky Uk come commentatore televisivo, ruolo che ricoprì per diversi anni.
Ad inizio 2000 il suo problema con l'alcol raggiunse l'apice, venne ricoverato per un mese al Cromwell Hospital, nel 2002 subì un contestatissimo trapianto di fegato dopo il quale rimase un anno senza bere salvo poi riprendere, e nel 2005 venne nuovamente ricoverato in seguito ad una crisi respiratoria. Purtroppo ormai la situazione sembrava disperata, gli occhi e la pella erano gialli a causa di un crollo del fegato, non poteva respirare senza l'aiuto delle macchine e non riusciva nemmeno a mangiare. Fu allora che decise di lasciare un suo testamento a tutti i fan, a tutti coloro che anno problemi con l'alcol e alla gente comune, si fece scattare una fotografia in quelle condizioni e chiese che venisse pubblicata sul domenicale News of the World con queste semplici parole: "Don't die like me", non morite come me.

George Best si spense al Cromwell Hospital il 25 novembre 2005 all'età di 59 anni, in un letto di ospedale dopo una vita vissuta al limite tra il bene e il male. Ciò che ha rappresentato George Best si può capire dalle immagini del suo funerale e da quanta gente si sia riversata nelle strade in quel giorno per rendergli omaggio. George Best un giocatore dal talento cristallino che tanti anni fa aveva dichiarato: "Se io fossi nato brutto non avreste mai sentito parlare di Pelè", e in fondo qualcosa di vero c'è, è stato il primo giocatore, il primo sportivo, ad essere costretto a convivere con una tale fama e pressioni. Lui un semplice ragazzo della periferia di Belfast, che ha donato la sua vita al calcio, è stato schiacciato dalla sua fama trovando rifugio nel posto peggiore, il fondo di una bottiglia, pur avendo un'intelligenza fuori dal comune con un Q.I di 158, che tanto fece ridere con la sua battuta su Gascoigne: "Una volta dissi che il Q.I. di Gazza era inferiore al suo numero di maglia e lui mi chiese: "Che cos'è un Q.I.?".

George Best, un ragazzo comune, un talento incredibile, una forte personalità.

Per redergli omaggio ci teniamo a ripetere quelle sue ultime parole, quel testamento che ha voluto lasciare a tutti noi suoi tifosi.

Don't die like me







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