mercoledì 20 giugno 2012

Il Verona di Bagnoli


Gli scudetti, è risaputo, hanno sapori diversi ogni anno, perché conquistati grazie a grandi prestazioni, alla coralità di grandi giocatori ma anche grazie ad episodi o a singole partite che possono cambiare un campionato intero. Quest’anno abbiamo ammirato una grande Juventus, ottima sul piano atletico e squadra molto unita che ha mantenuto l’imbattibilità per tutto il Campionato. Dopo la serie B e un ritorno nella massima serie, non senza difficoltà, ecco uno scudetto quasi inaspettato, almeno rispetto ai pronostici di inizio stagione. Questo scudetto per alcuni è stato lo “scudetto dei miracoli”, proprio come in quel lontano 1985 quando il Verona contro ogni pronostico vinse il suo unico scudetto della storia con in panchina Osvaldo Bagnoli. E' un paragone azzardato, diciamo pure improprio, ma richiama una bellissima storia di sport che non può non essere raccontata.
La storia del Verona nasce nel nel 1903 sotto il nome di Hellas Verona Football Club; i colori sociali sono il giallo ed il blu ed è una delle squadre più antiche d’Italia. Gli anni 80 sono gli anni più fiorenti per la società scaligera e lo scudetto dei “miracoli” comincia a prender forma nel 1981/82 con l’arrivo in panchina dell’allenatore Osvaldo Bagnoli (foto tratta da primoluglio2004.it).


Nasce a Milano e cresce calcisticamente negli allievi del Milan, fino ad approdare in prima squadra giocando con stelle del calcio come Cesare Maldini, Juan Alberto Schiaffino e Nils Liedholm. La sua carriera da allenatore passa da responsabile dei settori giovanili del Como e della Solbiatese fino ad arrivare ad allenare Rimini, Fano e Cesena sfiorando con quest’ultima una promozione in serie A. L’allora Presidente del Verona Celestino Guidotti decide di affidargli la panchina della sua squadra, coinvolgendolo in un progetto di rafforzamento della rosa. Non molti soldi ma idee chiare e precise cercando di massimizzare qualità e duttilità, queste erano le prerogative del Presidente e del Direttore sportivo Mascetti. Il primo anno si aggiudicano il campionato di serie B mentre l’anno successivo arrivano in finale di Coppa Italia e con grande stupore si piazzano al quarto posto in campionato. Il Verona comincia ad incuriosire e diventa la squadra rivelazione, un po' com'è stato il Chievo formato Champions di qualche anno fa. Bagnoli con onestà e semplicità riesce a dare un’impronta tattica ai suoi ragazzi e ne raccoglie i frutti domenica dopo domenica. All’interno della rosa fanno parte elementi quali Giuseppe Galderisi e Pietro Fanno che erano stati scartati precipitosamente dalla Juventus o giocatori come Volpati, Marangon e Tricella, elementi poi divenuti cardini dell’undici gialloblu. L’anno successivo nella stagione 1983/84 la svolta avviene con due acquisti di eccellenza che vanno a rafforzare ulteriormente la rosa; il centrocampista della nazionale tedesca Hans Peter Briegel e l'attaccante danese Preben Elkjær Larsen, quest’ultimo strappato a squadre come Real Madrid e Milan prima di un’eventuale e sicura asta di mercato. La squadra si classifica al sesto posto in campionato ma si intravede una base molto solida e una filosofia tecnica che prende sempre più piede.


L’anno successivo è l’anno dello scudetto, l'anno della magia: stagione 1984/85 campione con 15 vittorie, 13 pareggi e 2 sconfitte e un totale di 43 punti (al tempo si assegnavano ancora 2 punti a vittoria). La formazione era formata da: Garella; Ferroni ,Marangon; Briegel, Tricella; Fontolan; Fanna, Volpati, Galderisi, Di Gennaro, Elkjær; Riserve; Luciano Bruni, Luigi Sacchetti e Franco Turchetta. Il fautore di questa grande impresa fu proprio il tecnico Bagnoli perché riuscì a vincere uno scudetto con una rosa comunque inferiore alle rivali in campionato, nella quali militavano giocatori come Zico, Socrates, Platini e Maradona. Meticoloso e preciso era l’undici di Bagnoli, proprio come l'allenatore, molto dedito ai particolari che lo portarono ad essere soprannominato “lo svizzero”. In panchina però mostrava la sua semplicità senza per forza apparire come un “guru della panchina”, come se ne vedono tanti ultimamente. Calciava oggetti e sbraitava, mostrava a tutti il suo esser “vero” e non per forza speciale, anche se speciale in quella stagione lo è stato davvero.
La formazione base vincente era questa:

Garella: una sicurezza per la difesa, forte tra i pali e anche nelle uscite;
Tricella: libero molto abile tecnicamente, impostava il gioco della squadra;
Ferroni: un’ottimo marcatore;
Marangon: una spina nel fianco nella fascia sinistra, instancabile;
Briegel: il tedesco era una diga del centrocampo e forte negli inserimenti;
Fontolan: grande talento ed egregio marcatore, uno dei fulcri di Bagnoli;
Fanna: soprannominato “Turbo” ha messo in difficoltà tutte le squadre con le sue sgroppate in fascia; Volpati: tappava i buchi dei suoi compagni ed era uno dei più influenti nello spogliatoio;
Galderisi: velocità e scatti brevi erano i suoi colpi migliori;
Di Gennaro: fantasia ed essenza del pallone lo differenziavano da tutti a centrocampo per il ruolo da regista, piede sopraffino ed eccezionali tiri potenti dalla distanza;
Elkjaer: possente fisicamente, importante nel lavoro di squadra e una certezza in fase realizzativa.


I momenti chiave del cammino furono sin dalla prima giornata con la vittoria interna per 3 a 1 contro il Napoli di Maradona accreditato alla vittoria del campionato. Da lì il Verona non perse più la prima posizione della classifica. Le vittorie contro Juventus e Udinese diedero una pesante impronta al campionato; la prima un due a zero contro i neo campioni d’Europa guidati da un grande Platini, la seconda con un rocambolesco 3 a 5 in rimonta allo stadio di Udine dove militava il grande Zico. Il Verona impressionava per bel gioco e solidità e anche quando giocava male la squadra di Bagnoli, vinceva. Il titolo venne assegnato alla penultima di campionato a Bergamo contro l’Atalanta grazie ad un pareggio per 1 a 1 staccando di 4 lunghezze il Torino secondo classificato, con Inter e Sampdoria a completare le prime quattro posizioni della classifica.
Il pubblico di Verona ha dato un grande contributo a questa squadra con coreografie e trasferte di massa portando in giro per gli stadi la "matana", la cosiddetta follia veronese. Questa “follia” si trasmetteva anche nei soprannomi che i tifosi avevano dato ai loro beniamini, e fu così che Galderisi diventò "puffo al tritolo", Elkjaer "il cenerentolo" per via del gol segnato (perdendo la scarpa) alla Juventus, Fontolan "la quercia", Garella "Garellik" e Ferroni "il gladiatore".
Vogliamo chiudere questo articolo con delle parole che dovrebbero far riflettere nel calcio d'oggi, a dimostrazione di come le bandiere e i singoli giocatori di un tempo fossero anche degli esempi fuori dal campo:  «Perché quando hai modo di conoscere ed apprezzare chi soffre con te alla domenica e partecipa alle tue gioie e ai tuoi dolori pur non essendo in campo, ti ci affezioni. Almeno io sono fatto così. E per questo motivo, per rispetto nei confronti chi mi ha amato e osannato fino ad invocarmi come sindaco di Verona, non ho accettato di vestire altre maglie di società italiane. Il loro rispetto meritava il mio rispetto... »
(Preben Elkjær Larsen, bomber campione d'Italia con il "magico" Verona stagione 1984/1985).





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