giovedì 2 agosto 2012
ESCLUSIVA: PROSSIMICAMPIONI INTERVISTA ORESTE CINQUINI
ProssimiCampioni vi presenta un’altra Esclusiva, l'intervista all’ormai ex Direttore Generale dell’Unione Venezia Oreste Cinquini che ha recentemente accettato l’offerta di Fabio Capello di affiancarlo alla guida della Nazionale della Russia per i prossimi Mondiali 2014 che si terranno in Brasile. L’intervista risale a mercoledì 27 giugno 2012, quando ancora era Direttore Generale a Venezia, quindi farà riferimento ai progetti e agli obiettivi dell’Unione Venezia (riguardo il settore giovanile) e interessanti temi di attualità calcistica.
- Dopo le varie esperienze in serie A con squadre come Lazio, Parma, Fiorentina ha scelto di accettare questa sfida a Venezia, quale difficoltà sta incontrando per sviluppare il suo progetto?
Purtroppo tutte le difficoltà che ci sono a Venezia, solo adesso dopo un anno, riesco a comprenderle parzialmente. Venezia è una delle città più belle al mondo ma sicuramente unica, questa sua prerogativa fa sì che i costi si dilatino. E' una struttura che assorbe tanto denaro, il Presidente Korablin ha profuso molto energie a livello economico. Gli introiti che puoi avere dallo stadio, non coprono nemmeno le spese dello stesso. L’ubicazione, il deterioramento, tra poco poi compirà cent’anni, non consentono di fare molto e le difficoltà sono enormi. Le spese che affronta Venezia sono circa il doppio o il triplo di qualsiasi altra squadra.
- A breve l’Unione Venezia diventerà una società professionistica passando dall’attuale società dilettantistica. Che differenze ci saranno in merito? Quali saranno i cambiamenti?
Comporta un regime fiscale diverso, totalmente. Nella società dilettantistica non ci sono vincoli, si viaggia a rimborsi spese, contratti solo con dipendenti e calciatori, mentre in quella professionistica è molto più complesso. Qual è il progetto per lo sviluppo del settore giovanile e qual è la sua considerazione in merito? La considerazione è molta e il progetto deve rappresentare qualcosa per la società soprattutto in futuro, il problema però sono gli impianti; quest’anno abbiamo girovagato per quelli limitrofi affittando campi e pagando. Il “Taliercio” (a Mestre VE) è sempre stato uno dei campi di riferimento ma era quasi impraticabile, e il Presidente Korablin ha investito circa 350.000 € per fare il manto sintetico. Ci vorranno altri soldi per l’omologazione, ci sono altri campi vicini a quello del campo principale dove si allenano e giocano alcune delle nostre scuole. L’anno prossimo il Venezia avrà 11 squadre comprese le scuole calcio. Stiamo sviluppando il settore giovanile riducendo le squadre dell’agonistica a quattro: faremo la berretti, gli allievi, giovanissimi A e giovanissimi B, perché vogliamo fare un settore giovanile di qualità cercando di mettere a disposizione delle strutture adatte e dei tecnici che abbiano una stessa filosofia di gioco fin dalla base. I risultati li vedremo però tra 3/4 anni. I ragazzi di questa zona sono molto legati e le società hanno sempre dimostrato che il Veneto è sempre stata la patria per attingere alcune importanti risorse. Dobbiamo fare un settore giovanile di qualità scegliendo i giocatori con potenzialità.
- Quanto sono importanti le famiglie nella crescita dei figli per ciò che concerne lo sport?
Le famiglie sono molto importanti, bisogna farle crescere perché i genitori vedono nei loro figli la speranza della loro vita, soldi, fama e quant’altro, quindi bisogna lavorare nella mentalità, come è necessario lavorare e aiutarli passo per passo. Farli crescere in maniera armoniosa, dentro e fuori dal campo. Se un bambino esce da scuola e alle 15 ha allenamento, la famiglia deve aiutarlo sin dal mattino a dargli dei cibi consoni per l’attività sportiva. Questo significa un lavoro approfondito perché i genitori hanno una conflittualità tra di loro e quindi anche l’allenatore è importante.
- L'allenatore nei settori giovanili è un educatore per i giovani atleti che si affacciano allo sport. Quali caratteristiche tecniche ma anche umane deve possedere un buon allenatore?
L’allenatore, in primis, deve essere un insegnante, intelligente e preparato. In riferimento al minutaggio dei piccoli atleti, ad esempio, non è possibile vedere un ragazzino che ha disputato 30 presenze mentre un altro solamente 2. Questo significa che un allenatore è già troppo attento al risultato e non va bene. Se un mister deve essere giudicato dai risultati allora questo questo non appartiene alla mia filosofia. Se ad un mio allenatore chiedo quale sia l'attaccnte più forte della squadra allora mi aspetto che egli risponda che questo è il portiere. Per entrare in quseto ordine di idee ci vuole elasticità mentale, programmare, confrontarsi, studiare. Un allenatore che non si fa un programma giornaliero, settimanale e mensile, non è un bravo allenatore. Questa è la cosa più importante, prima c’è la programmazione, poi il lavoro ed infine la verifica. Bisogna essere precisi sennò non riuscirai ad avere un prodotto finale e di qualità. La scelta dell’allenatore con la stessa filosofia dei colleghi e della società è fondamentale. Una cosa che pretendo dagli allenatori è la disciplina fuori e dentro il campo. Io a livello giovanile devo scegliere un mister didattico e motivato in base alla società.
- In molti ritengono ci sia una cultura calcistica sbagliata in Italia. Qualcosa che parte dall'interno per poi trovare espressione nella risposta dei tifosi. Quale idea si è fatto in questi anni all’interno del calcio?
Nel calcio se non si ha cultura non si va da nessuna parte, ma la cultura non è solo nozionistica, ma di pensiero, nei concetti e nella vita. Il rispetto verso gli altri e l' educazione sono fondamentali. Bisogna avere costanza sin dai bambini e il lavoro deve essere in simbiosi con l’allenatore, anno dopo anno. Ci vogliono concetti brevi e precisi. Il problema si verifica quando non diamo un esempio a questi ragazzi, non sempre solo con le parole ma anche e soprattutto con i gesti. I calciatori non hanno cultura sennò non farebbero i furbi nelle scommesse. Noi abbiamo un handicap, siamo italiani e riteniamo di essere i più furbi e non i più intelligenti. Tentiamo di abbreviare la strada che ci porta alla meta. Non vinciamo niente perché non abbiamo cultura, squadre come Spagna, Francia, Germania hanno vinto titoli mondiali ed europei perché prima hanno vinto a livello giovanile campionati Under 16, Under 17 e Under 21, in Italia invece siamo rimasti indietro. Bisogna insegnare il calcio ai nostri giovani, il giocatore di calcio deve uscire con il pallone in mano e tornare con il pallone in mano, non devono esserci tempi morti quando si entra in campo. Boniperti al tempo disse: “Buoni giocatori si diventa, campioni si nasce”. L’allenamento migliora le tue doti poi ci sono le attitudini.
- Quanto considera lo studio nel calcio, soprattutto nella crescita dei nostri ragazzi?
E’ molto importante perché in Italia ci sono giocatori che non hanno studiato e non sono abituati a studiare. Ci sono rarissimi casi di laureati o comunque atleti preparati. E' impossibile pensare a giocatori di 21 anni che prendono 4 milioni di euro a stagione e decidono di studiare. Passeranno davanti alla Playstation tutto il giorno e non compreranno mai un libro. Comprano le macchine forse. Un ragazzo che ha studiato e conosce potrà arrivare sempre più in alto rispetto ad un ragazzo che non l'ha fatto, lo stesso vale per il calcio. Poi ci sono i casi particolari ma sono mosche bianche e non devono servire da esempio. Purtroppo nella vita moderna la meritocrazia non esiste. Le scuole sono fondamentali e il calcio deve diventare un punto di riferimento con un approccio diverso, bisogna avere delle idee chiare sugli obiettivi insieme alle metodologie. In Italia non ti danno tempo, non aspettano 3 o 4 anni.
- Sembra mancare la filosofia dell’insegnamento, la pazienza nel costruire un progetto a lungo termine, perché si preferisce vincere subito e tutto; secondo lei si riuscirà a cambiare questa mentalità?
La vittoria finale nei 90 minuti è l’unica cosa che importa, la vittoria è giusta ma la devi trovare tramite il gioco. Di Matteo, in semifinale di Champions ha vinto, ma non ha costruito; diciamo che in questa occasione il risultato giustifica i mezzi e c’è un altro interesse molto importante, ma a livello di settore giovanile se non impariamo che la vittoria si costruisce allora siamo finiti. Qui si ritorna al discorso precedente sull’investire nei giovani, perché in Italia bisognerebbe investire grosse somme di denaro ma non è possibile. Il calcio dipende dai risultati e a livello giovanile è solo una nostra mentalità. Non dobbiamo perdere la voglia di fare calcio perché questo sport è bello ed è vario. Guardate il Boarding della FIFA, per le nuove tecnologie, non vogliono l’aiuto delle nuove tecniche informatiche anche se nell’ultimo periodo hanno aperto le loro vedute perché all’evidenza non puoi tirarti indietro. In Italia non dobbiamo tirarci indietro nell'esigenza di nuove riforme. Altri problemi poi sono anche dirigenti e procuratori. Non ci sono dirigenti che hanno passione e non vogliono raggiungere i risultati attraverso l’insegnamento del calcio ma vogliono solo risultati, per non parlare poi del discorso relativo ai procuratori che è meglio non toccare. L’Udinese è un esempio di grande società, non sono bravi ma bravissimi, ma hanno un gran pelo sullo stomaco e ci vuole anche questo per essere innovatori. Il calcio, che si voglia o no, richiede passione e sacrificio.
ProssimiCampioni ringrazia Oreste Cinquini per la disponibilità e la cortesia con i migliori auguri per il suo futuro insieme al neo CT della Russia Fabio Capello.
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