mercoledì 19 ottobre 2011

Ciao mamma vado da Sir Alex

Macheda, Borini, Rossi, solo per citarne alcuni, i più conosciuti. Stiamo parlando dei giocatori che si sono trasferiti all'estero, per la maggioranza in Inghilterra, in cerca di maggior fortuna e più possibilità rispetto al calcio italiano. C'è poco da stare allegri, rispetto a un tempo i vivai italiani hanno perso spessore e importanza, e i giovani talenti hanno meno occasioni di debuttare o giocare con continuità rispetto agli altri campionati europei. Quindi sempre più spesso capita che giovani del nostro calcio cerchino fortuna oltre la manica, allettati dallo status di professionista che in Inghilterra si può acquistare a diciassette anni, dalle molte sterline offerte, e soprattutto dall'avanguardia degli impianti, dalla miglior gestione e dal valore che sanno dare a un bel giocatore, nonostante la sua età o esperienza.

I primi, i pionieri, del nostro calcio che si sono affacciati con successo alla Premier League sono stati i non più giovanissimi Zola, Vialli, Casiraghi, Di Matteo e Ravanelli. Loro per primi, alla fine degli anni '90, hanno "aperto" le frontiere facendo innamorare i tifosi anglosassoni del calcio italiano, basti pensare che a Gianfranco "The Magic Box" Zola è stata conferita la carica di "Ufficiale dell'Ordine dell'Impero Britannico", la più alta onorificenza riservata ad uno straniero.
Da allora, e grazie alla libera circolazione all'interno della comunità Europea, le frontiere sono state abbattute e oltre i calciatori affermati hanno iniziato a circolare anche i giovani promettenti, tra Inghilterra e Scozia si trasferirono nel Regno Unito Gattuso, Dalla Bona e Maresca. Fortunatamente a quelli che sceglievano di partire risposero altri che scelsero di affermarsi nel nostro calcio come ad esempio Aquilani, poi comunque andato al Liverpool una volta affermatosi, e D'Agostino, ma molto spesso le società non potevano competere con quanto veniva, e viene, promesso in Premier, al punto che anche la Fifa è dovuta intervenire, grazie anche alle pressioni di altri Stati, soprattutto la Francia. I casi di Pogba e Kakuta hanno fatto la storia del diritto internazionale calcistico, e sono nate contromisure come gli indennizzi e il contributo di solidarietà, che molti comunque continuano a considerare un palliativo. Pensiamo al caso di Giuseppe Rossi: il Parma ha ricevuto un indennizzo tra i 90 e i 150 mila euro per un giocatore che il Manchester United ha rivenduto a 12 milioni e che ora è valutato più di 30. E i casi sono molteplici, cosi che diverse squadre del nostro campionato, la cui valorizzazione dei giovani è uno dei principali mezzi di sussistenza in questo calcio milionario, si vedono private di una risorsa fondamentale. I ducali oltre a Rossi persero nella stessa stagione Arturo Lupoli, che con lo stesso Rossi formava la coppia d'attacco più forte del campionato Nazionale allievi nella stagione 2003/2004.
Nello stesso periodo è arrivato il Chelsea "paperonico" di Abramovich che non ha perso tempo a ingaggiare Borini, Jacopo Sala e Vincenzo Camilleri per il loro settore giovanile. E il caso Macheda, che ha fatto infuriare Lotito e tutti i tifosi biancocelesti, quando ha scelto lo United di Sir Alex.

Noi italiani non siamo però gli unici a lamentarci del modus operandi delle squadre inglesi, molte Nazioni hanno subito lo stesso trattamento, la Francia ad esempio con i già citati casi di Pogba e Kakuta, letteralmente scippati a Le Havre e Lens, o il Belgio che non può assolutamente competere in termini economici. Ma anche una Nazione potente dal punto di vista calcistico come la Spagna ha perso alcuni giocatori importanti come ad esempio Mikel Arteta che dalle giovanili del Barcelona è andato prima al PSG per poi girare il Regno Unito tra Rangers, Everton e ora Arsenal, e i casi eclatanti di Piqué al Manchester United sempre dal Barcelona e Cesc Fabregas perso a 200 mila euro e ripreso a 34 milioni più 6 di eventuali bonus. E negli anni sono molti i giocatori che hanno risposto negativamente alle sirene inglesi.

Manchester United, Arsenal, Chelsea e ultimamente Manchester City sono le principali antagoniste dei settori giovanili di molte squadre europee che non hanno la forza e i mezzi per competere con le loro promesse. D'altro canto se le squadre, nella fattispecie italiane, dessero maggiori garanzie ai giovani forse questo fenomeno sarebbe più circoscritto. Sicuramente la Fifa dovrebbe adottare maggiori contromisure, nonostante abbia le "mani legate" dalla Costituzione dell'Unione Europea, ma sono le dirette interessate che dovrebbero maggiormente tutelare i propri giovani, fornendo strutture adatte, adottando il sistema delle squadre "B" spagnolo o del campionato riserve inglese per preparare meglio i talenti al grande salto.
In Germania l'hanno capito bene ed infatti sono il campionato con la media età più bassa, insieme all'Olanda, i giovani tedeschi si sentono ben preparati e difficilmente abbandonano il Paese, ed inoltre squadre come Bayern Monaco, Borussia Dortmund e Schalke 04 sono ad alti livelli con molti giocatori dei loro settori giovanili. In Italia abbia ancora molto da imparare e lavorare in questo campo, forse i Presidenti invece che lamentarsi dovrebbero sforzarsi maggiormente di seguire questi modelli vincenti.

Ci auguriamo che voi lettori vogliate commentare in molti facendoci conoscere le vostre opinioni al riguardo. Cosa credete che andrebbe fatto? Quali contromisure adottereste? Le principali colpe sono delle società o della lega? Vi infastidisce il sistema inglese?

1 commento:

  1. Articolo interessantissimo.
    Secondo me la cosa più intelligente da fare è creare un campionato di riserve come in Inghilterra. Un campionato a parte. Non come in Spagna dove la "primavera" gioca nei campionati inferiori, meglio un campionato riserve con il quale si risolverebbe anche il problema dei fuori rosa.
    Le società inglesi hanno semplicemente sfruttato un insieme di colpe dovute a società e alla lega, completamente disinteressate ai settori giovanili. La colpa non è di uno ma di tutti i settori.

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