mercoledì 31 ottobre 2012
Berbatov e la mafia bulgara
In un'intervista pubblicata dalla rivista statunitense GQ nel 2011, il difensore centrale del Manchester United Rio Ferdinand si è lasciato andare ad una provocazione su Dimitar Berbatov, all'epoca suo compagno nei Red Devils prima del trasferimento di quest'estate al Fulham. Ferdinand ha detto che l'attaccante bulgaro sarebbe perfetto per impersonare un boss mafioso, nel caso si realizzasse il Padrino parte IV, sull'onda della celebre trilogia che racconta la mafia siciliana negli Stati Uniti degli anni '40. Quella del centrale inglese è ovviamente una battuta ma non sappiamo quanto volutamente questa affermazione possa andare ad incastrarsi con la vita da soap opera di questo bomber che nella propria carriera, alla voce "crimine organizzato", non può rimanere indifferente.
Corre l'anno 1999 e Dimitar Berbatov appena maggiorenne sta terminando la sessione di allenamento con il suo club, il CSKA Sofia, che lo aveva acquistato un anno prima dalla piccola formazione del Pirin Blagoevgrad. Il ragazzino, che in seguito sarebbe diventato uno degli attaccanti più prolifici d'Europa, viene avvicinato da tre scagnozzi che lo prelevano e lo portano via. Il giovane attaccante è il prospetto più interessante del campionato ed è nel taccuino di tutte le squadre più importanti, in particolare del patron del Levski Kjustendil. Fin qui, nulla di male, semplici interessi di mercato per un talento indiscutibile, non fosse che il massimo dirigente della squadra è Georgi Iliev, violento boss mafioso bulgaro che per convincere un campione a giocare per i propri colori non utilizza ingaggi milionari bensì la violenza e l'intimidazione. Berbatov viene letteralmente rapito dagli uomini di Iliev che minaccia di gambizzarlo qualora non avesse firmato per il suo club. La vicenda ha breve durata, Berbatov poco prima del rapimento era riuscito ad avvisare il padre e la madre che a loro volta avevano preso contatti con il presidente del CSKA Ilia Pavlov, altro personaggio piuttosto ambiguo. Iliev sapeva che il giocatore sarebbe stato liberato in qualche modo e allora decide di lasciarlo andare lasciando la vicenda in segreto per anni. Questa storia è raccontata in un libro, Berbatov - His life and His struggle, del giornalista bulgaro Rumen Iliev (nessuna parentela con l'efferato Georgi), pubblicato in Inghilterra nel 2008.
La vicenda, come detto, si era chiusa con il rilascio della giovane promessa senza conseguenze, poco importa che Ilia Pavlov sia stato ucciso da un cecchino nel 2003, stessa sorte toccata al boss Georgi Iliev due anni più tardi. Questa però non è la sola vicenda che vede Berbatov incontrare la malavita, nel 2009 è protagonista di un'altra strana situazione e in questo caso non centra nulla il talento bensì, come spesso accade, una bella donna. C'è un proverbio che dice: "donna e fuoco toccali poco", soprattutto se la donna in questione è una celebre Playmate bulgara, Nikoleta Lozanova, splendida e provocante modella con una vera passione per i calciatori (ora è sposata con l'attaccante del Verona Valeri Bojinov), ma al tempo moglie di Georgi Stoilov, potente boss mafioso noto con il soprannome "The Head". Berbatov è sempre stato uno dalle idee poco chiare, lo dimostrano le vicende di mercato più recenti, vedi la bagarre tra Juventus e Fiorentina con l'incredibile ulteriore colpo di scena della firma con il Fulham, oppure quella volta che era giunto a Manchester per firmare con il City per poi dire all'autista di fermarsi un attimo nella sede dello United. La stessa indecisione si ripercuote nella vita del calciatore anche in materia di gentil sesso. Nonostante la relazione con la bella Elena Shtilianov che in seguito sposerà e gli regalerà un bebè, si rende protagonista di alcune scappatelle, quelle che in Inghilterra chiamano "cheating", condite da SMS piccanti proprio a Nikoleta Lozanova che sembra non disprezzare affatto l'interesse dell'ennesima celebrità in calzoncini. Tutto bene finché i messaggi non giungono malauguratamente sotto gli occhi di "The Head" che prende male la questione, fortunatamente non malissimo, e risponde a Berbatov con un messaggio molto chiaro: "Stalle lontano, lo dico per il tuo bene". Ecco che Dimitar abbandona senza troppi dubbi qualsiasi idea adulterina.
Un anno dopo le minacce continuano e si estendono anche alla sorte della moglie Elena e della loro figlia Dea, nata da poco. Il Manchester United gestisce bene la faccenda, anche le voci che vedono Berbatov implicato in degli accordi con dei malavitosi ai quali avrebbe pagato ingenti somme di denaro per mantenere la famiglia al sicuro. Negli anni recenti queste problematiche sono andate ad affievolirsi e sembra che la situazione sia più tranquilla per un ragazzo che ha dimostrato di riuscire a cacciarsi sempre nei guai. Il giocatore oggi fa parlare di sé solamente, si fa per dire, nei voltafaccia dell'ultimo minuto in sede di mercato, tra voli presi e mai arrivati. Non ci sorprenderemmo se prossimamente si renderà protagonista di qualche altra vicenda "curiosa" o di qualche altro inghippo nella firma con il suo prossimo club, in quel caso la "Berbatov story" potrebbe diventare oggetto di una nuova rubrica. Alla prossima puntata.
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